La depressione è una patologia multifattoriale a sintomatologia molto complessa dalla notevole diffusione, caratterizzata da sensazioni negative quali tristezza, rallentamento mentale, mancanza di concentrazione e, più in generale, perdita di interesse per le normali attività. La terapia d’elezione attualmente è rappresentata dall’approccio farmacologico integrato dal supporto psicoterapico. Diversi autori hanno riscontrato che alla base dei fenomeni depressivi esistono deficit neurologici: studi post-mortem su pazienti depressi hanno evidenziato alterazioni nell’espressione di neurotrofine in varie aree cerebrali (1).
Le neurotrofine sono una famiglia di proteine fondamentali alle funzioni vitali delle cellule cerebrali a cui appartengono NGF (nerve growth factor), BDNF (brain derived neurotrophic factor), NT3 e NT4 (neurotrophins 3 e 4). Numerosi studi hanno recentemente dimostrato come l’attività fisica sia estremamente efficace nella riduzione dei fenomeni depressivi: diversi autori hanno evidenziato come alcune settimane di attività fisica, sia aerobica che anaerobica, conducano a un progressivo miglioramento della sintomatologia nei pazienti depressi (2-3).
Lo studio condotto da Martinsen ha evidenziato come sia i gruppi trattati con esercizio aerobico che quelli trattati con esercizio anaerobico abbiano avuto, dopo un periodo di 8 settimane, una regressione paragonabile della sintomatologia. Diversi autori inoltre, valutando l’interazione tra attività fisica e neurotrofine, hanno evidenziato come l’attività fisica sia in grado di aumentare i livelli di espressione di BDNF, NGF nell’ippocampo (4-5), e che l’inattività, al contrario, riduce l’espressione delle neurotrofine.
Questi effetti, di sicuro interesse per ogni tipologia di soggetto compreso nel quadro illustrato, si mostrano particolarmente interessanti per tutte quelle casistiche dove, per svariati fattori, l’approccio farmacologico potrebbe essere controindicato o quantomeno problematico. Tra questi rientrano buona parte dei soggetti in età avanzata per almeno 2 motivi: in primo luogo nei soggetti anziani è più facile incorrere nella necessità di optare per un approccio politerapico, con tutte le problematiche di interazioni e compliance del caso; in secondo luogo gli stati depressivi in questa fascia di età sono particolarmente frequenti: si stima che la prevalenza di depressione maggiore nelle persone over 65 oscilli tra lo 0,9% e il 9,4%, mentre sintomi depressivi sono stati rilevati in una proporzione generalmente più ampia, fino ad arrivare al 49% della popolazione anziana (6).
Rimane, a questo punto, un’importante problematica da superare: quella di aiutare i soggetti in età avanzata nella pratica dell’attività fisica. È qui che entra in gioco la carnosina. La carnosina è un dipeptide citoplasmatico sintetizzato a partire dai precursori L-istidina e β-alanina dall’enzima carnosina sintetasi e degradato, sempre a livello enzimatico, dalla carnosinasi che ne regola il livello cellulare. La carnosina è presente nei tessuti eccitabili come il muscolo scheletrico o il tessuto nervoso dove generalmente agisce come tampone fisico-chimico. L’importanza di questa molecola è comprensibile anche dalla sua analisi quantitativa: è presente infatti a livelli fisiologici nel tessuto muscolare in concentrazioni relativamente elevate 5-10 mM. Questa molecola è in grado di esercitare tutti i suddetti ruoli già entro i fisiologici range di pH (7).
Per quanto riguarda soggetti di età avanzata è stato osservato come esista una correlazione inversa tra età e contenuto muscolare di carnosina (8-9), fattore che, sommandosi alla sarcopenia, al declino della funzione muscolare e al deterioramento della funzione motoria tipici dell’età avanzata, contribuisce notevolmente ad aumentare la frequenza di cadute, spesso causa di lesioni con esiti a volte anche gravi o letali (10-14). Tutti questi fattori costituiscono un serio limite allo svolgimento dell’attività fisica per soggetti di età avanzata.
L’integrazione a base di sola carnosina, pur rivelandosi potenzialmente utile, potrebbe non risultare sufficiente, molto probabilmente a causa della sua natura dipeptidica che porterebbe la molecola a non venire completamente assorbita (15). Esaminandone più approfonditamente il metabolismo emerge come uno dei fattori limitanti la sintesi endogena, sia la presenza di adeguati livelli di β-alanina, situazione facilmente verificabile in individui dallo stato nutrizionale inadeguato (molto frequente in soggetti di età avanzata).
Questo problema può essere ovviato mediante l’integrazione di β-alanina, che, in quanto precursore della carnosina, può aumentarne significativamente i livelli nel muscolo scheletrico con relativo miglioramento della performance di esercizio. Dati presenti in letteratura riportano come l’integrazione con di 800 mg di β-alanina tre volte al giorno per 90 giorni siano in grado di aumentare la capacità fisica di lavoro, ritardando l’insorgenza della fatica neuromuscolare nei soggetti anziani (16).
Alla luce di questi risultati l’integrazione con carnosina e β-alanina può rivelarsi uno strumento estremamente importante per instaurare il circolo virtuoso che supporterebbe il soggetto di età avanzata nello svolgimento dell’attività fisica e, di conseguenza, nella lotta non farmacologica agli stati depressivi. È possibile parlare di lotta non farmacologica in quanto sia la carnosina che la β-alanina sono molecole endogene, normalmente presenti nell’organismo umano e la loro integrazione costituisce esclusivamente un ripristino dei fisiologici livelli di queste sostanze.
Considerati questi aspetti un approccio sicuramente razionale può essere quello di associare la somministrazione di carnosina a quella di β-alanina. A questo proposito è stata messa a punto una formulazione composta da 250 mg di carnosina pura e 250 mg di β-alanina pura che prevede il rilascio del 95% degli attivi in 8 ore, con l’obiettivo di ottimizzarne le proprietà farmacocinetiche e il grado di biodisponibilità degli attivi. La somministrazione di questo formulato per un totale di 4 cpr (1 g di carnosina e 1 g di β-alanina) 4 ore prima dell’attività fisica, si è rivelata notevolmente efficace nella riduzione della produzione di lattato e, di conseguenza, nella riduzione del pH tissutale (17). Tale formulazione assume il nome commerciale di DDM Carnosina e, considerate le premesse, sarà un ottimo ausilio nel supportare i soggetti di età avanzata nell’attività fisica con il conseguente “effetto collaterale” di coadiuvare la lotta agli stati depressivi favorendo la sintesi di neurotrofine.
BIBLIOGRAFIA
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