La salute dell’apparato digerente è strettamente correlata alla salute dell’intero organismo. È molto semplice riscontrare come alterazioni a livello di questo apparato possano compromettere i 2 processi che stanno alla base del funzionamento del complicatissimo sistema chimico che è la vita: alimentazione e nutrizione. Con alimentazione si intende definire tutti quei processi correlati all’assunzione di alimenti e alla loro degradazione in forme molecolari assorbibili, mentre parlando di nutrizione ci si riferisce a tutti quei processi che implicano l’assorbimento e la distribuzione dei principi nutritivi. L’organo direttamente implicato nella nutrizione è senza ombra di dubbio l’intestino. Questo ruolo chiave comporta una serie di problematiche da affrontare per il corretto svolgimento della sua attività:
1) Contatto con il materiale “esogeno” nelle fasi finali della digestione
2) Corretto assorbimento dei nutrienti
3) Contatto con i materiali di scarto prima dell’escrezione
Ognuna di queste fasi presenta una precisa criticità. Per quanto riguarda il contatto con il materiale nelle fasi finali della digestione che il contatto con i materiali di scarto, esiste la problematica dovuta all’eventuale presenza di sostanze contaminanti, molecole reattive o sostanze antinutrienti. Queste molecole possono essere naturalmente presenti negli alimenti di origine o secondarie ai processi digestivi. Inoltre l’intestino si ritrova continuamente a dover fronteggiare le specie batteriche patogene vive e vitali che per diversi motivi possono raggiungerlo. Oltre alla gestione di queste criticità, come accennato, l’epitelio enterico deve garantire il funzionale ed efficiente assorbimento dei principi nutritivi garantendo allo stesso tempo “l’impermeabilità” a molecole non utili o potenzialmente dannose. Nello svolgere questa complicatissima gamma di funzioni la simbiosi con specie batteriche quali Lactobacilli e Bifidobetteri riscuote un ruolo fondamentale nella nostra specie. Infatti la colonizzazione intestinale, che inizia immediatamente dopo la nascita secondariamente ai primi atti nutritivi, è fonte di notevoli reciproci vantaggi sia per le specie batteriche che per l’organismo ospite. Una corretta e funzionale colonizzazione, definita appunto eubiosi, è alla base infatti di vantaggi dal punto di vista digestivo, nutrizionale e immunitario dell’organismo ospite. Proprio per questa serie di vantaggi reciproci, quando si presenta un’alterazione a livello della microflora batterica intestinale si configura una situazione di disbiosi, con una sintomatologia caratteristica:
La ricerca e la pratica clinica hanno da tempo dimostrato come il reinserimento di opportune varietà di Lactobacilli e Bifidobatteri, nelle forme farmaceutiche necessarie per veicolarli a livello enterico vivi e vitali, possa fornire innumerevoli vantaggi utili a ristabilire le condizioni di eubiosi, quindi nelle manifestazioni acute con la suddetta sintomatologia rappresentano indubbiamente la prima scelta per ripristinare rapidamente le condizioni tipiche di equilibrio. Il problema, una volta ristabilito l’equilibrio, risiede nel mantenerlo nel lungo periodo, ed è qui che entra in gioco la prebiosi. Mentre sulla base di quanto è stato detto è possibile definire un probiotico come un microrganismo che si dimostra in grado, una volta ingerito in adeguate quantità, di esercitare funzioni benefiche per l’organismo, un prebiotico può essere invece definito come una sostanza non digeribile dall’uomo di origine alimentare che, assunta in quantità adeguata, favorisce selettivamente la crescita e l’attività di uno o più batteri già presenti nel tratto intestinale o assunti insieme al prebiotico. Alla luce di questa definizione emerge prepotentemente il concetto di specificità di un prebiotico: relativamente alle peculiarità metaboliche delle principali famiglie di microrganismi chiamati in causa ovvero Lactobacilli e Bifidobatteri è possibile effettuare una suddivisione dei relativi substrati energetici in:
Oltre a questa suddivisione, considerando anche la distribuzione quantitativa di Bifidobatteri presenti con ordine di grandezza di 109 rispetto ai Lactobacilli presenti in ordine di grandezza di 108 (con un rapporto in pratica vicino a 10:1), risulta fondamentale anche bilanciare opportunamente le proporzioni delle relative fibre, onde promuovere uno sviluppo equilibrato(1-5). Anche la scelta delle fibre da utilizzare, relativamente al summenzionato rapporto 10:1, non può essere casuale, ma dovrà essere effettuata considerando le specifiche necessità metaboliche dei microrganismi implicati, come pure le dinamiche di sviluppo che portano, dalla nascita in poi, un individuo alla condizione di eubiosi. Sulla base di queste considerazioni è possibile prevedere una formulazione che preveda i seguenti rapporti(6-21):
Una volta chiariti gli aspetti fondamentali della prebiosi e le caratteristiche che una buona formula prebiotica dovrebbe avere, è possibile chiarire i principali effetti legati all’utilizzo razionale di un prebiotico. Senza ombra di dubbio tra i principali effetti legati alla prebiosi vi è la produzione, secondaria alla fermentazione delle fibre solubili da parte della microflora intestinale, di acidi grassi a corta catena tra cui è possibile rinvenire principalmente acido acetico, acido propionico e acido butirrico. Questi acidi ricoprono ruoli fondamentali per il benessere, l’efficienza e la prevenzione dei disturbi intestinali (21-22)
Acido acetico:
L’ acido acetico viene facilmente assorbito a livello enterico, la sua presenza contribuisce al benessere degli enterociti in quanto con la normale alimentazione solitamente vengono ingeriti quantitativi estremamente ridotti di questo acido grasso a corta catena. Viene assorbito con efficienza e una volta raggiunto il torrente ematico può essere utilizzato come substrato energetico anche a livello del tessuto muscolare.
Acido propionico:
Anche l’acido propionico viene a sua volta facilmente assorbito a livello enterico, esercita degli effetti positivi a livello enterocitario in quanto anche nel suo caso con la normale alimentazione solitamente ne vengono ingeriti quantitativi estremamente ridotti. La parte di acido propionico che arriva nel torrente ematico viene solitamente captata a livello epatico dove viene utilizzata come substrato energetico.
Acido Butirrico:
L’acido butirrico rappresenta molto probabilmente l’acido grasso a corta catena dai maggiori effetti benefici: costituisce infatti una delle maggiori fonti energetiche per gli enterociti, contribuendo quindi in maniera estremamente importante al benessere intestinale. Il suo ruolo è talmente importante che in caso di carenza si manifestano veri e propri stati di atrofia delle mucose. A cagione di questo fondamentale ruolo numerosi autori attribuiscono all’acido butirrico un ruolo preventivo nei confronti del cancro al colon.
Gli effetti positivi dell’integrazione con fibre prebiotiche, comunque, non si limitano esclusivamente a quanto appena riportato, infatti ci sono una serie di altri effetti positivi riportati in letteratura. In primo luogo è stato possibile osservare come l’ingestione di fibre prebiotiche sia in grado di esercitare anche attività in ambito ormonale: nel modello animale, tali fibre si sono dimostrate in grado di stimolare la secrezione di GPL-1 ottimizzando i processi biochimici implicati nell’assorbimento e nel metabolismo del glucosio(23). Oltre a questo le fibre prebiotiche, sempre nel modello animale, sono state identificate come fattori in grado di ottimizzare anche l’assorbimento proteico secondariamente al ruolo trofico esercitato a livello delle mucose(24). Alla luce di questi effetti la prebiosi può rivelarsi quindi anche un ottimo strumento (affiancato alle comuni strategie nutrizionali) per affrontare tutte quelle situazioni potenzialmente a rischio di malnutrizione, sia calorica che calorico-proteica. Ultimo, ma non meno importante, è sicuramente l’impatto positivo che la fibra solubile può manifestare a livello del sistema immunitario. Numerosi lavori attribuiscono alla fibra solubile un ruolo immunostimolante e una riduzione dell’adesione dei patogeni secondaria all’effetto trofico sulle mucose(25-29). Per quanto riguarda l’effetto immunostimolante il principale meccanismo d’azione è da ascriversi all’azione della fibra solubile su cellule dendritiche (in particolare cellule M, una sottopopolazione del Tessuto Linfoide Associato alle Mucose) e macrofagi, dove viene riconosciuta da recettori della linea Dectina1 e toll-like (TLR), stimolando la produzione di citochine con l’effetto finale di stimolo di linfociti T e B. Questi effetti di immunostimolazione rappresentano uno dei primi meccanismi di difesa sia nella prevenzione di infezioni da parte di microrganismi che nella prevenzione della crescita di cellule tumorali. Alla luce di questi effetti la prebiosi si rivela sicuramente un prezioso strumento a cui va conferita una dignità pari, se non addirittura superiore alla probiosi, in quanto è un fattore alla base delle principali strategie di prevenzione nei confronti di innumerevoli patologie.
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